sabato 25 agosto 2012

UN BACIO È TROPPO POCO.

La pulsione negativa verso la seratina tra amici altrui l'avevi addomesticata aggrappandoti a piccoli stimoli di pettegolezzo pret-a-porter.
Speravi proprio di conquistare un cantuccio tranquillo della tavolata per QUARANTADUE(!) coperti e godere delle gesta dei due tizi di cui sentivi parlare da settimane ormai. Due giganteschi esponenti della boraggine romana!

Un enorme fenomeno che fremevi di incontrare era un tale che da poco aveva iniziato una tresca con una ragazza con cui non avevi molta confidenza, ma che importa? il pettegolezzo non ha barriere interpersonali. Non capivi come si potesse decidere di lasciare tutto, famiglia, figlio, rotweiler, per una con cui si finisce per vedere tutte le sere la televisione a casa della nonna di lei. Immaginavi che la vecchietta concedesse ogni tanto quei pochi minuti di sacrosanto assopimento televisivamente indotto per far vivere ai due qualche attimo di passione e speravi che lo stesso assopimento non fosse invece artificialmente indotto dalle tazze di camomilla corrette con chissà cosa che la nipote faceva bere alla nonna con così tanta insistenza. Ma pur sfruttando il coma della vecchia, la scena rimaneva comunque triste, soprattutto per uno che ti si presenta come MOSAICISTA ESPERTO NELLA DECORAZIONE DI PISCINE E INTERNI, CON VENA ARTISTICA PROPRIA. Un maiolicaro insomma, però così originale e schiavo della sua creatività che non si capiva perché avesse scelto di sorbirsi i programmi in seconda serata con la gatta-morta, magari dopo una giornata di intenso sforzo creativo.

Il pezzo da novanta era poi il ragazzo (e da poco ex ragazzo) della festeggiata.
Fisicamente avevi già avuto modo di apprezzarlo grazie al destino che, quando si dice la fortuna, te lo aveva fatto trovare nell'ascensore. Il suo odore importante, come la sua taglia del resto, avrebbe reso l'idea anche a chi vedesse ancor meno di te, ma, non appagato da un unico senso, hai voluto per lo meno usarne un altro, indugiando con gli occhi sulle rotondità di lui, tutte concentrate sul davanti, a formare una ciambella che stava su sfidando le leggi della fisica. I capelli riccetti, tutti affastellati per la testa, erano tenuti insieme da una provvidenziale similgelatina che produceva lui stesso, semplicemente riducendo la cadenza degli incontri con l'acqua. Barba un po' incolta, che fa molto maschio; totale noncuranza nel vestire, che fa di un maschio un maschio ancora più maschio. Hai cercato di scorgere il tatuaggio sul trapezio di cui così tanto ti era stato detto. Pensavi che almeno il tentacolo dovesse uscire fuori dal collo della magliettina fruit of the loom, indossata a pelle in pieno inverno, e invece niente. Ti rendeva così triste la consapevolezza di non avere un'altra occasione per ammirare l'opera e non ti accorgevi che, chissà perché, stavi già escludendo ogni possibile opportunità di vederlo meno vestito di così. Si narravano su di lui racconti fantastici, storie di tornei di resistenza amatoria disputati in dismesse case di villeggiatura durante le domeniche in cui la maggica giocava in trasferta!! C'erano bocche pronte a giurare di canne rollate con una mano sola. Si riportavano testimonianze di braciole di maiale da un chilo l'una, ingollate senza prendersi il disturbo di cuocerle prima.

Ebbene, quei due incontri ti erano stati negati dalla sorte.
Arrivato con la dovuta mezzora di ritardo, una delle poche facce amiche ti sussurra che Fabio, il velocista sessuale, era appena passato per dare alla sua già compagna di teneri momenti il regalo e dei fiori ma si era prontamente dileguato per non perdere neanche un attimo del rave party a Cura di Vetralla, con cui avrebbe salutato, ballando, il sorgere della domenica, come d'abitudine.
Il divorziato irretito, invece, aveva promesso la sua presenza in seconda serata, tanto per amore della coerenza, promessa però dallo stesso inghiottita con una telefonata verso le dieci e trenta, se non altro in perfetto orario, con cui denunciava la sua eccessiva stanchezza. Impara l'arte...

ERA...

Così ti sei accontentato di scrutare i meno famosi amici del mare della festeggiata, che , pur non portando la bandiera del buon gusto, non erano poi così malvagi come si sarebbe potuto pensare. Non c'era nessuno che tenesse banco, facendo un discorso che coinvolgesse tutti. Ognuno parlava con chi aveva accanto per lo più di argomenti in cui non potevi o non volevi entrare. L'atmosfera era tesa e durante le tre ore che ci son volute per consumare quella pizza, neanche fosse stata una cena di matrimonio, hai avuto modo di assorbire la tensione in ogni sua sfumatura.

...E TU, E TU, E TU...

Non era facile chiedere informazioni all'unica ragazza con cui condividevi un sentimento simile all'amicizia. Con un po' di impegno però eri riuscito a mettere insieme le frasi smozzicate di lei, lavorando anche di memoria perché spesso intervallate da dovuti commenti sui capelli della limitrofa o sulle tette della prospiciente:
SEMBRA CHE IL PARRUCCHIERE...
MA COME STAI BENE CON QUESTA CIOCCA PRUGNA E VERDE ACIDO, DEVI ASSOLUTAMENTE DIRMI CHE CREMINA HAI COMPRATO...
...SIA IN ROTTA CON LA DONNA...
SONO D'ACCORDO CON TE, LE VACANZE IN TENDA SONO DI SICURO LE PIÙ BELLE...
...SEMBRA CHE LEI SIA MOLTO GELOSA...
FRANCESCA, HAI VISTO L'EYE-LINER BLUETTE CHE HA SU TATIANA? (tatiana???). IO NON RIUSCIRÒ MAI A FARE QUELLA DOPPIA RIGA...
..NON VUOLE CHE PARLI CON GLI ALTRI!!
MA CHI?
...LA RAGAZZAAA!!
E così, mettendo insieme tutti i pezzi avevi ricostruito l'accaduto.
Il parrucchiere, il più bello del gruppo, con quella camicia bianca con il colletto impreziosito da pregati ricami in filo nero, subiva i ricatti amorosi della sua (s)fortunata compagna, la quale, giustamente gelosa, montava su tutte le furie se solo il suo uomo avviava una qualsiasi conversazione con una donna non marchiata dall'odore del branco, non risparmiandogli drammatiche scenate a cielo aperto. Così lui, per ripicca o disperazione, da qualche giorno si asteneva dal parlare con chiunque, creando disagio, durante le occasioni mondane, al gruppo tutto, che si trovava privato del suo capo carismatico ma non delle sue camicie!

...ALL'IMPROVVISO, ALL'IMPROVVISO...

Un sonno!
La serata andava avanti moooolto lentamente. Neanche ripassare a mente la coreografia di step fatta proprio quel pomeriggio ti aiutava ad allontanare la tua testa da quella situazione non cercata. Ti fermavi sempre a quel passo, non riuscivi a ricordare il resto. Ma com'era? Uno, due, tre, quattro, cinque e sei, eccolo là che ti perdevi di nuovo. Non solo ti eri aggrovigliato durante la lezione mandando sistematicamente le braccia dalla parte opposta, provando una fitta ogni volta che, allo specchio, constatavi di essere l'unico ad aver sbagliato. Ti aggrovigliavi anche col pensiero.
A forza di coreografie avevi sfangato la pizza con verdure arrivata fredda, probabilmente da Napoli, e gli antipasti, arrivati dopo la pizza perché in quel locale si usa così. E mentre avevi il passo, ce l'avevi lì, per la prima volta fluido nella tua testa, mentre imbroccavi il sette e l'otto come se fosse la cosa più naturale del mondo, ti eri visto catapultare in mano una bottiglia di qualcosa, che avevi preso per puro riflesso condizionato e dopo qualche secondo avevi capito che la torta era ormai dietro di te ed aspettava che tu facessi largo sulla tavola per atterrare e prestarsi alla foto di rito. Tutti attendevano una tua reazione, almeno la mossa di spostare un bicchiere, ma il bradipo si era impossessato di te totalmente e oramai tutti lo stavano ammirando con attenzione spazientita. Il parrucchiere poi aveva deciso di tornare in possesso del suo ruolo di guida afferrando la bottiglia-intralcio e consegnandola nelle tue mani, senza dire una parola, per mantenere fede al suo proposito o per la consapevolezza che le parole sarebbero cadute nel vuoto.
Torta e spumante,
canzoncina e regalo,
bacetti e saluti, per quanto riguardava te, definitivi, anche se ADDIO non ti era sembrata la parola più discreta con cui accomiatarti. In queste occasioni non serve manifestare candidamente i propri sentimenti; è meglio defilarsi lasciando la sensazione di aver vissuto la migliore serata della tua esistenza e cominciare a preparare scuse diverse per non viverne altre.

L’aria fresca ti investe come un flaconcino di gin-seng, la radice a forma di uomo che non hai mai provato ma che ti stuzzica ogni volta che passi di fronte agli scaffali per i fissati del biologico di ogni supermercato in cui entri. Ma il gin-seng, a quanto pare, non può molto contro le amnesie da parcheggio e tu ti guardi in giro un bel po’ prima di incamminarti verso destra, sperando che in quella direzione ti imbatterai presto nella tua macchina! Nell'ipotesi, tutt'altro che improbabile, che così non sarà, metterai in pratica la scena ormai rodata di raggiungere la vetrina del negozio che volevi proprio guardare con attenzione a notte fonda, rimanere lì impalato per una manciata di minuti, nel frattempo ripassando la solita coreografia di step, e poi, con gran classe, tornare sui tuoi passi e sperare di imbatterti nella macchina, che, evidentemente, avevi parcheggiato a sinistra! Ma no, stavolta ci avevi azzeccato, era a destra, ti sembrava di ricordare molti particolari.
Cinquanta metri.
Sì, il cassonetto rovesciato.
Cento metri.
"TENTAR NON NUOCE...STO CAZZO!!!", già, anche questa massima credevi di averla notata.
Duecento metri.
Mh, via delle zoccolette no, non l'avevi incrociata.
Cinquecento metri.
Urgono i preparativi per l'inversione di gran classe. Quella vetrina illuminata andrà benissimo.
Ultimi dieci passi e stop!
Una distesa di cessi e bidet ti si para davanti, sfavillante come se quegli oggetti fossero pensati per servire aperitivi e non per privati momenti di concentrazione. E, per completare il quadro, un assortimento perverso di copriwater in plexiglass fanno sfoggio di sé, con dentro ogni idea più malata, dal filo spinato all'effigie di Padre Pio che si illumina ad intermittenza. Cinque minuti di raccoglimento possono bastare, viri a sinistra, alla volta della macchina che ti riporterà a casa, ma lasci un pezzo di cuore sulla tavoletta a metà fra il sacro e il profano! Ripassi davanti al locale dopo mezzora di passeggiata e cammini spedito verso la meta, ormai sicura. Altri dieci minuti di scarpinata e intravedi il muso color puffo della tua twingo. Ma certo, per traverso sul marciapiede, come hai potuto dimenticare??

ERA
SOLAMENTE IERI SERA
IO PARLAVO CON GLI AMICI
SCHERZAVAMO FRA DI NOI
e tu E TU E TU,
TU SEI ARRIVATO
M’HAI GURADATO
E ALLORA TUTTO È CAMBIATO PER ME,
MI SEI SCOPPIATO DENTRO AL CUORE
ALL’IMPROVVISO, ALL’IMPROVVISO
NON SO PERCHÉ
NON LO SO PERCHÉ
ALL’IMPROVVISO, ALL’IMPROVVISO
SARÀ PERCHÉ MI HAI GUARDATO COME NESSUNO MI HA GUARDATO MAI
MI SENTO VIV(A) ALL’MPROVVISO PER TE


            Dalla mattina eri posseduto da MINA in versione anni settanta, e il fatto che proprio questa canzone ti fosse rimasta in testa ti sembrava significativo. Sapevi che non sarebbe mai arrivato nessuno con il potere di rivoltarti la vita con un solo sguardo ma a censurarti la speranza non eri ancora arrivato.Tra l’altro non sapevi quanto fosse pignolo il gran cerimoniere investito del compito di far succedere le cose. Speravi tanto che il fatto di dover parlare con gli amici, di scherzarci perfino, non fosse proprio necessario perché altrimenti addio speranze. Se contava soltanto il fattore sorpresa, allora tu quello ti impegnavi a garantirlo. Fin dalla mattina avevi preso l’impegno con te stesso di cadere dalle nuvole davanti al tipo che la sorte aveva scelto per te. Tu non c’avresti pensato fino a che non fosse successo, tant’è che ogni volta che ti ritrovavi a canticchiare il ritornello della canzone lo facevi sottovoce per il timore che il gran cerimoniere si accorgesse che, altro che effetto sorpresa, tu non aspettavi altro, non pensavi ad altro. E invece niente entrata ad effetto durante la serata. Come puoi non essere infastidito salendo in macchina e attaccando con il ritornello non appena poggi le mani sul volante? Che colpo basso da parte del subconscio, visto che ora la serata con gli amici ALTRUI era passata e tutti i presupposti per farti scoppiare qualcuno dentro al cuore erano sepolti insieme alla pizza fredda e i postpasti ingurgitati.
Stare in macchina è una gran perdita di tempo. Magari non hai niente da fare ma dover sprecare il tempo sottratto all’ozio soltanto per spostarti da una parte all’altra ti sembrava un’ingiustizia. Così correvi. Non per il gusto della velocità, che non avevi mai provato, ma per il terrore di beccare il semaforo che sta per diventare rosso. Non odiavi nessuno quanto le signore con la messa in piega appena fatta o i vecchi con il cappello fuso con la calotta cranica che sbucavano dalla stradina laterale con un tempismo calcolato al millesimo di secondo. Ti si mettevano davanti tagliandoti la strada con manovre che legittimerebbero lo stralcio immediato della patente ma con una tranquillità così assoluta che passeresti tu dalla parte del fuori legge intollerante se solo provassi a far loro notare l’accaduto. Ti illudevi ogni volta che fosse normale che andassero a due all’ora non appena sbucati da una curva e che di lì a poco avrebbero cominciato a dare gas anche perché il semaforo risplendeva di un verde smeraldo e non riuscivi ad immaginarti un essere umano che non avrebbe preferito passare piuttosto che fermarsi e aspettare. Ma dopo qualche decina di metri finisci sempre per renderti conto che la loro andatura stentata non è temporanea ma è proprio una dottrina, un modo di essere. Così ti spazientisci e inizi a cercare il modo per schiodarti da quella gabbia. Fare i conti con lo zig-zag del centenario o con il teleshopping della signora non è facile, e intanto scatta l’arancione. Sai che ti troverai presto fianco a fianco con il criminale e sai che tanto non te la sentirai di rimbrottargli alcunché, e allora almeno ti prepari uno sguardo tra il cattivo e il perfido sperando in una sensibilità altrui che almeno gli consenta di coglierlo ed autoincenerire all’incanto. E invece ad uno sputo dal semaforo ecco di nuovo il sangue che sembra scorrere nelle arterie ormai sclerotizzate del centenario o ridiscendere dalla capigliatura cotonatissima e laccata della gran dama, un colpo all’acceleratore e via proprio mentre scatta il rosso, fuggendo per chissà quali impegni e lasciando te impalato ma in pole-position, additato da tutti per un modo un po’ scomposto di canticchiare.
E intanto da lontano intravedi il verde. Lo devi passare. A quest’ora della notte vorrebbe dire proprio che non c’è giustizia nei cieli beccare qualcosa di simile alle due figure odiate poco sopra. Dalla quarta alla quinta. Ce la fai, ce la fai. Anche con l’arancione spinto hai deciso di passare. E l’arancione scatta inesorabile un po’ prima del previsto. Stai per volare dall’altra parte dell’incrocio ma una luce blu lampeggiante ti induce alla prudenza. Non è produttivo lasciarsi fermare nei posti di blocco dei carabinieri, si perderebbe molto più tempo che aspettare il verde e ripartire con l’andatura stentata del centenario, per passare inosservato o per suscitare un po’ di compassione. È rosso e ti fermi.
E TU E TU ETUUUU, TU SEI ARRIVAAAAAATO. Basta, ma cos’è? una specie di droga. Le canzoni di Mina danno assuefazione, nei sei sicuro. M’HAI GUARDATO, SCUSA, E ALLORA, SCUSAMI, TUTTO È CAMBIAAAAAAAATO PER ME, TOC TOC , come toc toc?! SCUSA. Semiparalizzato ti giri. Quel maledetto vizio di cantare a voce alta ai semafori! Metti a fuoco, e…


MI SEI SCOPPIATO DENTRO AL CUORE, ALL’IMPROVVISO, ALL’IMPROVVISO.

Ha fatto tardi! Il prescelto ha fatto tardi, non ha fatto in tempo ad arrivare mentre tu scherzavi con gli amici, avrà ricevuto tardi l’ingaggio, si sa come vanno queste cose, dalla terra al cielo e poi di nuovo alla terra, burocrazie celesti e burocrazie mortali, chissà quanti fogli uso bollo saranno stati riempiti!! L’effetto sorpresa! La cosa più importante è l’effetto sorpresa. Tu non te l’aspettavi, devi cadere dalle nuvole – in effetti ci cadi proprio, perché non avevi pensato all’arrivo tardivo. Anche una qualche esitazione non guasterebbe. È L’UOMO PER ME, SICURO DI SÉ. Non riesci ancora a crederci. Non può capitare tutto questo, è illogico e bellissimo. L’occhio celeste di lui ti ha catturato subito, e ti pare di scorgere una profondità d’animo fuori dal comune. Non è uno strafigo ma che importa? non ti sembra il momento di sottilizzare, e poi la spalla ti sembra sufficientemente pronunciata, ben riempita, e rifiuti il possibile uso delle spalline (se usasse le spalline proprio non lo potresti sopportare anche se fosse stato mandato giù per espresso dal Principale). Curato nell’aspetto e nell’anima, non è meraviglioso??? In realtà la camicia che indossa non è nulla di immediatamente riconoscibile, ma è comunque sobria ed allacciata fino al penultimo bottone, niente capezze con crocifissi o targhette con il gruppo sanguigno. A meno che non indossi le ESPADRILLAS con calzino di spugna bianco cadente sulla caviglia, non vedi motivo di preoccuparti. Lentamente abbassi il finestrino. Cerchi di modulare lo sguardo donandoti un’aria di stupore condito con un sorriso appena abbozzato e conquistatore, spingendo giù il senso di autoironia feroce che ride sguaiatamente dentro di te ogni volta che ti avventuri a manifestare questi sentimenti senza usare le parole, e ti prepari ad ascoltare la frase che il destino ha scelto per regalarti l’uomo della tua vita.
CIAO!
Non potevi chiedere di meglio.
CIAO rispondi tu. Che bello, come se ti conoscesse da una vita, come se ti avesse ritrovato dopo tanto tempo, con una dolcezza in quel ciao che solo un animo sensibile è in grado di esprimere.
HAI IL CAPPOTTO CHIUSO NELLA PORTIERA!!
Scatta il verde. Se ne va. Lasciandoti sempre in pole position ma frastornato dal rumore di quella frase. Ti tocca anche sorbirti lo sguardo fra il cattivo e il perfido che un centenario materializzato dal nulla, con il cappello ben calzato anche a quell’ora ti ficca negli occhi, tacitamente rimproverandoti per la tua sosta prolungata davanti al verde del semaforo. Non ti sei smosso neanche al suono del suo clacson e lui ha dovuto fare marcia indietro e circumnavigarti come se si fosse trovato improvvisamente davanti una voragine creata da un meteorite caduto dallo spazio. Tu non trovi la forza neanche di autoincenerirti allo sguardo del vecchietto. Sai che glielo devi ma proprio non riesci, e lasci che lui se ne torni a casa e si corichi insieme alla moglie e al cappello, non trovando gli stimoli per fare alcunché. Forse te ne starai tutta la notte a vedere il rosso e il verde del semaforo darsi il cambio fino a quando l’arancione lampeggiante non si decida a mandarli a dormire.Vedere che anche il centenario ha un lembo del cappotto che gli fa da coda, non fa che accrescere il tuo sconforto.
Giri a destra. Niente casa per adesso. Tanto non c’è nessuno ad aspettarti. Gironzolare un po’ senza meta non ti farà male, sicuramente ti aiuterà a riprenderti dall’amore appena non sbocciato. E poi non piove. La scarpa scamosciata non correrà pericoli neanche se deciderai di parcheggiare e passeggiare un po’. Trastevere ti sembra un bel posto, con tutta quella gente da osservare, e il fatto di startene da solo non ti preoccupa più di tanto; spesso ti capita ultimamente di girovagare in solitudine e magari sederti su una panchina a non fare niente, a seguire, neanche troppo, i tuoi pensieri. Ma questo deve ingenerare una qualche forma di compassione in chi ti guarda.
Una mattina, per i vialetti di Villa Borghese, sei stato apostrofato da un signore che avrebbe voluto la tua compagnia, sa il cielo in quale senso, e si preoccupava che rimanessi da solo seduto in panchina. NON HAI PAURA CHE QUALCUNO PASSI E TI SI PORTI VIA? Avrà avuto una sessantina d’anni, era in bicicletta e si è seduto esattamente sulla panchina che avevi scelto da lontano come meta di ristoro dopo un’ora di cammino per i sentieri della Villa. Disobbedendo alla tua naturale spinta misantropica, hai deciso di sederti sulla panchina accanto a quella del biciclettaro. Una volta seduto, guardando sempre, rigorosamente, il laghetto che avevi di fronte, vedevi comunque con la coda dell’occhio che lo sguardo del signore volentieri si fissava su di te. Speravi soltanto che i suoi ormoni avessero perso la vitalità di un tempo. E invece ti chiede l’ora, lamentando che il suo orologio iniziava a perdere colpi. I metodi classici, non c’è che dire, vanno sempre di moda. Risposta secca ma niente da fare. Si alza dopo un po’ facendo per andarsene ma, guarda caso, passa davanti alla tua panchina e attacca con: TUTTO BENE? Dentro di te gustavi lo spettacolo ma eri attentissimo a non lasciar trasparire nulla, nulla che avrebbe potuto magari essere frainteso come una voglia di comunella. Sei stato un po’ scortese, hai tagliato corto, ma lui è parso non accorgersene, continuando a ridere alle battute che lui stesso faceva e che farciva con embrioni di inviti a pranzo e di proposte di visite guidate per la città. Tra una frase e l’altra ti ha anche detto che pensava fossi americano!!! Un messaggino sul tuo cellulare ha provvidenzialmente troncato ogni velleità dell’omino, che inforcando la bicicletta, è partito per chissà quali altre avventure. Speravi solo un po’ più fortunate!!
L’idea di combattere con i biciclettari trasteverini by night non ti entusiasma, ma sei pronto a correre il rischio, sei deciso a non dare confidenza a nessuno, a non rivolgere parola ad alcuno, a declassare tutti a comparse di quel momento di riflessione, nessun protagonista a parte te. E infatti dopo cinque minuti ti passa davanti Federico con la sua schiera festante e sebbene tu riesca ad assumere un colore invidiabilmente vicino al marmo della scalinata che avevi eletto tua tribuna, non basta questo a non farti spiccare unico solitario in mezzo a greggi di persone in transumanza. Lui e gli amici del mare, una persecuzione! Questi almeno li conoscevi di vista ma ogni volta che per caso le tue e le loro strade si incrociavano era passato quel tanto di tempo che non legittima l’oblio ma che giustifica il tentennamento nel saluto. Bacetto come grandi amici o stretta di mano come nuovi acquisti? E via con la stretta di mano a pugno chiuso che fa molto americano e che è una perfetta via di mezzo fra le due soluzioni, come a dire, non ricorderò mai il tuo nome ma a questo mondo siamo tutti fratelli, hey man!
La spietata transumanza ti ingloba senza lasciarti possibilità di scegliere e così ti ritrovi a fare discorsi leggeri sulla tua vita e sulle tue prospettive, come se l’una e le altre veramente lo fossero. Le ragazze, come al solito, ti aiutano a prender confidenza e a tirar fuori qualche stupidaggine che faccia breccia anche nel cuore dei maschi, razza così dura e classista. Forse è più vero dire che le ragazze, come al solito, ti aiutano a superare la tua visione del maschio come duro e classista, presunzione che il più delle volte si rivela priva di fondamento, confermando te stesso molto più duro e classista dei maschi che incontri. Nel cuore di uno in particolare non ti dispiacerebbe far colpo. Sembra buono ma non vitello, riservato con qualcosa dentro e non riservato per celare il vuoto dentro, come spesso succede. Sembra gentile. Solo che non c’è verso di scambiarci due parole in fila, perché Federico a cadenze regolari piomba sui di voi da una qualsiasi altra discussione idiota e si affatica a buttar lì brandelli di argomenti comuni, nobilissimo gesto, riducendo a brandelli gli argomenti comuni che faticosamente vi ingegnate a tirar fuori dopo le sue incursioni. Ma come si fa a rimproverarlo? Certo alcune sue manifestazioni sono difficili da recuperare. LO SAI CHE SUO PADRE HA UN ORTICELLO DOVE COLTIVA UN PO’ TUTTO? Si ferma un secondo e poi, TUTTO TRANNE I CETRIOLI! questo confida al vitello, che per tutta risposta se la ride. Ora, a parte la fatica di stare dietro al doppio processo mentale che porta Federico prima a pensare e poi a dire certe cose, ti riesce impossibile credere che lui lo faccia con un secondo fine, o accorgendosi del quadruplo senso della frase che gli esce dalla bocca. E questo ti sembra il lato peggiore perché sai che con lo stesso candore potrebbe tirar fuori qualsiasi altro simbolo fallico mentre tu stai beatamente parlando di come sei stato contento di passare il capodanno nel deserto a brindare con scorpioni e vipere cornute. E mentre ti inoltri in un trattato sulla difficoltà di coltivare cetrioli, con una sicumera totalmente priva di fondamento ma che da sola basta ad uscire dal discorso senza troppe ferite, la transumanza volge al termine, è giunto il tempo di rientrare nel recinto e mentre il vitello finisce di avvoltolarsi nella ragnatela da te tessuta fra un raid e l’altro di Federico e accetta di farsi riaccompagnare a casa da te, che, guarda un po’, gli abiti vicino, ecco l’ultima intrusione del kamikaze , che purtroppo ti abita realmente vicino. Prenota anche lui un posto in macchina, che non puoi negare senza esser costretto a stendere i tuoi sentimenti per strada come i panni delle signore trasteverine e, maledicendoti per non aver comprato una SMART o un SIDE-CAR o un CALESSE o qualsiasi altro mezzo di trasporto omologato per due, ti avvii verso la macchina, tu, il vitello, e Federico sproloquiante nel mezzo. In macchina ha almeno la decenza di mettersi dietro, continuando però a lanciarti dal retrovisore occhiate d’intesa e muti suggerimenti su nuovi temi da toccare. E ride.
Sta bene Federico, e dire che lo conosci da quindici anni. Il sorriso così aperto ti è sempre piaciuto molto, ti ha sempre dato un senso di tranquilla serenità. Lo stesso sorriso che ha preso il posto di tutte le parole quando vi siete accorti che ognuno voleva essere il “miglior amico” di quello della terza D, brufoloso e con i capelli leccati, con il fascino di una canna di bambù. Ogni tanto succede che all’improvviso si accendono tutte le lampadine che fino ad allora si erano sempre accese ad intermittenza. Succede che allora tutto fila, e si prova un gran senso di appagamento solo un po’ appannato dal disappunto per esser arrivati così tardi a capire quello che da sempre era lì, sotto agli occhi. Non vi eravate inoltrati in discorsi di rito, anche perché a quell’età è già tanto capire di avere un’attrazione definita verso qualcosa. Solo avevate raggiunto la consapevolezza di un’intima comprensione, di una nota comune che suonava in sottofondo ogni volta che passavate del tempo insieme. E quella nota la senti anche mentre al volante parli di tuberi al vitello che è rimasto abbagliato dalla storia del babbo agricoltore. Oramai neanche pensi più alle promesse di MINA. Niente più entrate ad effetto anche perché non capisci da dove il predestinato potrebbe arrivare, escludendo che ti si affianchi correndo o ti si lanci sul cofano a volo d’angelo piovendo da chissà quale albero. In più, abitando Federico a duecento metri da casa tua, è altrettanto scontato che la prima tappa sarà la casa del vitello, da cui quindi sollevi ogni mira colonizzatrice. E senza il colpo di scena che invece a questo punto era previsto, ti fermi e scarichi il bel tenebroso che magari incontrerai di nuovo quando avrai perso completamente la confidenza acquistata nonostante Federico, e dovrai ricominciare con la stretta di mano americana, riservandoti però la sfrontataggine di sdoganare il bacetto.
Passare un po’ di tempo a cazzeggio libero con Federico è la cosa più indicata dopo gli eventi della seratina e visto che arrivati sotto casa sua non hai neanche finito di descrivergli le preziose camicie che vanno di moda fra i parrucchieri, decidi di salire da lui, chiaramente senza che l’invito venga formulato. Quindici anni abbatterebbero le cerimonie anche fra te e Carol.
Forse è una caratteristica dei legami che iniziano quando ancora non si è capito niente di come funzionano le cose; quel periodo che, per i ragazzi più che per l’altra metà del cielo, si riconosce anche per le metamorfosi fisiche che sbocciano impietose, a cominciare dalla voce che ti tradisce ogni volta sul più bello, mentre sei nel mezzo di un’interrogazione o della recita scolastica. Tu sei lì che ti compiaci per il nuovo tono VIRILE che ormoni impazziti ti hanno donato da un giorno all’altro ed ecco che ti avventuri in una frase che esige un’ottava più alta e ti ritrovi a starnazzare come una gallina durante il travaglio. Quel periodo in cui il naso cresce sconsideratamente regalandoti un’aria da barbagianni orfano, e, come il naso, soltanto la parte corrispondente nel cervello cresce nella stessa misura, e ti dà sprazzi di intuizioni che è difficile gestire. Senti che ci dev’essere qualcosa da capire ma che ancora ti mancano un sacco di pezzi e nessuno ti dice dove andarli a cercare. In quel periodo forse tutto è più istinto, e profumi e sensazioni lasciano dei segni diversi da quanto succede in seguito. Magari si ha soltanto il vantaggio dell’inesperienza per cui è più facile stupirsi, è più facile che si provino emozioni mai provate, banale quanto vero. E, crescendo, mentre i ricordi sbrilluccicano ma rimangono nel loro posticino nella testa, fermi e pronti a saltare fuori per una fragranza che si fiuta nelle circostanze più strane, i rapporti che nascono in quel periodo si portano dentro quello sbrilluccichìo ma insieme cambiano e a crescono e sono più materiali degli altri, più sanguigni, nei momenti belli e in quelli brutti, nella buona e nella cattiva sorte, eccetera, eccetera. Quante volte avresti voluto saltare sopra la testa di Federico tenendo in mano due valigie piene di involtini primavera o qualcosa di ancora più pensante, e hai dovuto mandare giù a fatica il comando perentorio che il cervello ti urlava dentro facendo appello a quella foto che gli hai scattato mentre usciva dal bagno e non sapeva di essere immortalato, perché niente come l’espressione dei suoi occhi ti disarmava tanto, così privo di infrastrutture, di corazze e così indifeso. E però non riuscivi ad immaginare un’altra persona in grado di sostenere le tue confidenze, tutte quante, anche il fatto che per pisciare hai bisogno di tenere la mano sinistra ben piantata sulla piastrella a destra del pulsantino per tirare l’acqua perché solo così riesci a concentrarti.
Quante cose strane ti passano per la testa. Sei minimamente concentrato sul racconto degli eventi, per quelli hai messo l’automnatico. Tutte le tue attenzioni sono rivolte a pensieri sul rapporto stranavigato con Federico. Non c’è niente di nuovo. Avrai vissuto la stessa situazione milioni di volte in quindici anni. Delle chiacchierate senza senso hai perso il conto parecchio tempo fa e allora com’è che adesso il suo profumo ti sorprende come se non l’avessi mai sentito? Com’è che fai di tutto per vederlo sorridere? E com’è che il fatto che lui ti stia a tre centimetri dal viso non ti sembra così naturale come lo è stato sempre, così innocente come lo è stato sempre? SAI QUANDO DEVI IMPROVVISAMENTE CAMBIARE ROTTA E L’UNICA COSA CHE TI RITROVI DAVANTI È UNA VETRINA DI SANITARI … gli piacerà di più la tavoletta col filo spinato o quella con Padre Pio luminescente? CON AL CENTRO PADRE PIO CON TUTTE LE LUCETTE ROSSE CHE SI SPENGONO E S’ACCENDONO PERFETTAMENTE SINCRONIZZATE CON … colpito, mentre ride piega la testa e con la fronte ti tocca la spalla, e sbarri gli occhi vedendo che la tua mano, in pieno ammutinamento, gli sta accarezzando la nuca. E INVECE TE LA VEDO LÌ IN MEZZO AL MARCIAPIEDE … gli avevi mai accarezzato la nuca? Chiaramente escludendo quella volta in cui per sbaglio gli avevi scaraventato contro una pallina da tennis a cento chilometri all’ora con uno di quegli attrezzi infernali che dovrebbero insegnarti a rispondere ai servizi e che sputano qualsiasi cosa tu metta nel caricatore. Non potevi immaginare che lui volesse fare una pausa e quando lo hai visto girarsi proprio mentre la pallina veniva scagliata non hai avuto neanche il tempo di urlagli ATTENTO, e magari è stato meglio così perché se si fosse girato la pallina gli avrebbe sicuramente scavato il terzo occhio in mezzo alla fronte. In quell’occasione, oltre a profonderti in inutili scuse eri accorso a saggiare l’entità del danno passandogli la mano fra i capelli e avvertendo un gonfiore che aumentava in modo incontrollabile di secondo in secondo. Ghiaccio e bacetti come si faceva da bambini. Il primo per curare il corpo, i secondi per curare l’anima, così ti aveva insegnato la mamma. …INVECE NON MI DICE CHE AVEVO IL CAPPOTTO CHIUSO NELLO SPORTELLO? E intanto lui ti guarda. E sorride. E ti bacia.

UN BACIO È TROPPO POCO PER SAPERE SE TI AMO
VORREI PROVARE ANCORA PERCHÉ CREDO DI CAPIRE
CHE MI PIACI CHE MI PIACI
TI PREGO DI BACIARMI UN’ALTRA VOLTA
MAGARI CON UN POCO
UN POCO PIÙ DI AMORE
E COSI VERRÀ VERRÀ VERRÀ
L’AMORE L’AAAMORE
L’AMORE QUELLO VERO PER NOI DUE

sabato 28 luglio 2012

I CORSI DEL CLAMALEONTE - effetto l'omo

i corsi del CLAMALEONTE

- EFFETTO L'OMO -
sgamare la GAIEZZA con tre semplici indizi

viviamo in tempi confusi.
i codici sociali si mescolano rendendo sempre più difficile capire chi si ha di fronte.

chi non ha il tempo o la voglia di capire se il tizio carino,
discreto,
quasi banale
ma tanto tanto rassicurante,
con cui ha intenzione di provarci,
risponderà con un sorriso lusingato o con un gancio in pieno volto,
chi è distratto, poco attento ai dettagli o semplicemente sommerso dai propri cazzi quotidiani
(cazzi metaforici intendo)
è disorientato in una giungla fatta di gay che, per chissà quale spirito di contraddizione, si atteggiano a rozzi elettori di destra
e di coattelli di periferia che sembrano tutti finocchie da muccassassina
per colpa della moda da metrosexual e l'irrefrenabile bisogno di sgabbianarsi le sopracciglia,
e invece, a sentirli parlare, vorrebbero riesumare la salma del duce,
imbottirla di sensori e marchingegni bionici
e riconsegnarle il comando per avere strade pulite,
treni in orario
e roghi in piazza, una volta alla settimana.

il povero single medio
che pure vorrebbe ospitare qualcuno nel suo talamo
ma è oberato dalle rate del mutuo
dalle rimpatriate con gli ex-compagni delle elementari
e dai continui rilasci di prodotti apple
non si raccapezza,
inevitabilmente getta la spugna,
finendo per coltivare piante grasse sul davanzale della finestra della cucina
circondato da un silenzio deprimente.

per fortuna
da oggi
riconoscere l'omosessuale non sarà più così difficile
e si potrà essere certi che la preda che si sta per tampinare stia dalla parte giusta
osservando tre semplici dettagli.

SITUAZIONE TIPO:
l'appartamento di sotto è stato appena affittato ad un interessante ragazzo apparentemente solo.
non ha atteggiamenti stereotipati evidenti
(ed è questo che lo rende interessante)
ma come capire se c'è spazio di manovra?
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PUNTO N. 1
...animali domestici...

- ha un gatto?
è gay

- ha più di un gatto?
è CERTAMENTE gay
si può procedere all'approccio.

- ha altri animali domestici o non ne ha affatto?
si passi al punto successivo.
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PUNTO N. 2
...sigarette...

dal balcone o dalla finestra
si osservi con discrezione il nuovo arrivato mentre fuma.

- il suo polso si piega innaturalmente e la mano tende a ruotare verso l'alto
come se la sigaretta pesasse più di una spranga di ferro
richiamando alla vostra mente la figura di quella gran signora della MONDAINI?
è gay
si può procedere alla masterizzazione del cd compilation con i grandi successi di Marcella Bella!

- non fuma?
si passi al punto successivo.
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PUNTO N. 3
...la spesa...

osservando questo dettaglio si fugherà ogni dubbio.
dopo anni di studi è ormai noto che la busta della spesa è sempre rivelatrice.

fondamentale è osservare il soggetto da dietro.
ancor più fondamentale è osservarlo al ritorno della spesa settimanale,
quella grossa,
non quella fortuita
obbligata da un imprevisto ospite a cena.
addirittura meglio sarebbe poterlo osservare
durante il trasporto di una cassetta d'acqua.

se
nell'incedere
le sue chiappe si stringono come se avesse un'urgenza di rincasare,
e il gomito ruota completamente in avanti
aderendo al costato come fosse attratto da un potente magnete,
si cominci, senza indugio alcuno, a preparare l'impasto per i muffin di benvenuto,
quelli con i mirtilli e la glassa di zucchero.
il nuovo arrivato appartiene senz'altro alla natura dei meno
ed interpreterà il cestino di delizie
come una indubbia dichiarazione di interesse.

ATTENZIONE:
gli indizi rivelatori fin qui considerati
devono essere appena accennati
difficili da cogliere
quasi impercettibili.
un eccesso di sculettamento catapulta il nuovo vicino di casa
nella categoria FINOCCHIE
e sarà da considerarsi di competenza dei soli estimatori del genere.

ULTIMA AVVERTENZA:
se
il nuovo arrivato
ha dei gatti
fuma come Sandra Mondaini
e porta le buste della spesa come farebbe Nina Moric
probabilmente è CRISTIANO MALGIOGLIO,
meglio desistere.