La pulsione negativa verso la seratina tra amici altrui l'avevi addomesticata aggrappandoti a piccoli stimoli di pettegolezzo pret-a-porter.
Speravi proprio di conquistare un cantuccio tranquillo della tavolata per QUARANTADUE(!) coperti e godere delle gesta dei due tizi di cui sentivi parlare da settimane ormai. Due giganteschi esponenti della boraggine romana!
Un enorme fenomeno che fremevi di incontrare era un tale che da poco aveva iniziato una tresca con una ragazza con cui non avevi molta confidenza, ma che importa? il pettegolezzo non ha barriere interpersonali. Non capivi come si potesse decidere di lasciare tutto, famiglia, figlio, rotweiler, per una con cui si finisce per vedere tutte le sere la televisione a casa della nonna di lei. Immaginavi che la vecchietta concedesse ogni tanto quei pochi minuti di sacrosanto assopimento televisivamente indotto per far vivere ai due qualche attimo di passione e speravi che lo stesso assopimento non fosse invece artificialmente indotto dalle tazze di camomilla corrette con chissà cosa che la nipote faceva bere alla nonna con così tanta insistenza. Ma pur sfruttando il coma della vecchia, la scena rimaneva comunque triste, soprattutto per uno che ti si presenta come MOSAICISTA ESPERTO NELLA DECORAZIONE DI PISCINE E INTERNI, CON VENA ARTISTICA PROPRIA. Un maiolicaro insomma, però così originale e schiavo della sua creatività che non si capiva perché avesse scelto di sorbirsi i programmi in seconda serata con la gatta-morta, magari dopo una giornata di intenso sforzo creativo.
Il pezzo da novanta era poi il ragazzo (e da poco ex ragazzo) della festeggiata.
Fisicamente avevi già avuto modo di apprezzarlo grazie al destino che, quando si dice la fortuna, te lo aveva fatto trovare nell'ascensore. Il suo odore importante, come la sua taglia del resto, avrebbe reso l'idea anche a chi vedesse ancor meno di te, ma, non appagato da un unico senso, hai voluto per lo meno usarne un altro, indugiando con gli occhi sulle rotondità di lui, tutte concentrate sul davanti, a formare una ciambella che stava su sfidando le leggi della fisica. I capelli riccetti, tutti affastellati per la testa, erano tenuti insieme da una provvidenziale similgelatina che produceva lui stesso, semplicemente riducendo la cadenza degli incontri con l'acqua. Barba un po' incolta, che fa molto maschio; totale noncuranza nel vestire, che fa di un maschio un maschio ancora più maschio. Hai cercato di scorgere il tatuaggio sul trapezio di cui così tanto ti era stato detto. Pensavi che almeno il tentacolo dovesse uscire fuori dal collo della magliettina fruit of the loom, indossata a pelle in pieno inverno, e invece niente. Ti rendeva così triste la consapevolezza di non avere un'altra occasione per ammirare l'opera e non ti accorgevi che, chissà perché, stavi già escludendo ogni possibile opportunità di vederlo meno vestito di così. Si narravano su di lui racconti fantastici, storie di tornei di resistenza amatoria disputati in dismesse case di villeggiatura durante le domeniche in cui la maggica giocava in trasferta!! C'erano bocche pronte a giurare di canne rollate con una mano sola. Si riportavano testimonianze di braciole di maiale da un chilo l'una, ingollate senza prendersi il disturbo di cuocerle prima.
Ebbene, quei due incontri ti erano stati negati dalla sorte.
Arrivato con la dovuta mezzora di ritardo, una delle poche facce amiche ti sussurra che Fabio, il velocista sessuale, era appena passato per dare alla sua già compagna di teneri momenti il regalo e dei fiori ma si era prontamente dileguato per non perdere neanche un attimo del rave party a Cura di Vetralla, con cui avrebbe salutato, ballando, il sorgere della domenica, come d'abitudine.
Il divorziato irretito, invece, aveva promesso la sua presenza in seconda serata, tanto per amore della coerenza, promessa però dallo stesso inghiottita con una telefonata verso le dieci e trenta, se non altro in perfetto orario, con cui denunciava la sua eccessiva stanchezza. Impara l'arte...
ERA...
Così ti sei accontentato di scrutare i meno famosi amici del mare della festeggiata, che , pur non portando la bandiera del buon gusto, non erano poi così malvagi come si sarebbe potuto pensare. Non c'era nessuno che tenesse banco, facendo un discorso che coinvolgesse tutti. Ognuno parlava con chi aveva accanto per lo più di argomenti in cui non potevi o non volevi entrare. L'atmosfera era tesa e durante le tre ore che ci son volute per consumare quella pizza, neanche fosse stata una cena di matrimonio, hai avuto modo di assorbire la tensione in ogni sua sfumatura.
...E TU, E TU, E TU...
Non era facile chiedere informazioni all'unica ragazza con cui condividevi un sentimento simile all'amicizia. Con un po' di impegno però eri riuscito a mettere insieme le frasi smozzicate di lei, lavorando anche di memoria perché spesso intervallate da dovuti commenti sui capelli della limitrofa o sulle tette della prospiciente:
SEMBRA CHE IL PARRUCCHIERE...
MA COME STAI BENE CON QUESTA CIOCCA PRUGNA E VERDE ACIDO, DEVI ASSOLUTAMENTE DIRMI CHE CREMINA HAI COMPRATO...
...SIA IN ROTTA CON LA DONNA...
SONO D'ACCORDO CON TE, LE VACANZE IN TENDA SONO DI SICURO LE PIÙ BELLE...
...SEMBRA CHE LEI SIA MOLTO GELOSA...
FRANCESCA, HAI VISTO L'EYE-LINER BLUETTE CHE HA SU TATIANA? (tatiana???). IO NON RIUSCIRÒ MAI A FARE QUELLA DOPPIA RIGA...
..NON VUOLE CHE PARLI CON GLI ALTRI!!
MA CHI?
...LA RAGAZZAAA!!
E così, mettendo insieme tutti i pezzi avevi ricostruito l'accaduto.
Il parrucchiere, il più bello del gruppo, con quella camicia bianca con il colletto impreziosito da pregati ricami in filo nero, subiva i ricatti amorosi della sua (s)fortunata compagna, la quale, giustamente gelosa, montava su tutte le furie se solo il suo uomo avviava una qualsiasi conversazione con una donna non marchiata dall'odore del branco, non risparmiandogli drammatiche scenate a cielo aperto. Così lui, per ripicca o disperazione, da qualche giorno si asteneva dal parlare con chiunque, creando disagio, durante le occasioni mondane, al gruppo tutto, che si trovava privato del suo capo carismatico ma non delle sue camicie!
...ALL'IMPROVVISO, ALL'IMPROVVISO...
Un sonno!
La serata andava avanti moooolto lentamente. Neanche ripassare a mente la coreografia di step fatta proprio quel pomeriggio ti aiutava ad allontanare la tua testa da quella situazione non cercata. Ti fermavi sempre a quel passo, non riuscivi a ricordare il resto. Ma com'era? Uno, due, tre, quattro, cinque e sei, eccolo là che ti perdevi di nuovo. Non solo ti eri aggrovigliato durante la lezione mandando sistematicamente le braccia dalla parte opposta, provando una fitta ogni volta che, allo specchio, constatavi di essere l'unico ad aver sbagliato. Ti aggrovigliavi anche col pensiero.
A forza di coreografie avevi sfangato la pizza con verdure arrivata fredda, probabilmente da Napoli, e gli antipasti, arrivati dopo la pizza perché in quel locale si usa così. E mentre avevi il passo, ce l'avevi lì, per la prima volta fluido nella tua testa, mentre imbroccavi il sette e l'otto come se fosse la cosa più naturale del mondo, ti eri visto catapultare in mano una bottiglia di qualcosa, che avevi preso per puro riflesso condizionato e dopo qualche secondo avevi capito che la torta era ormai dietro di te ed aspettava che tu facessi largo sulla tavola per atterrare e prestarsi alla foto di rito. Tutti attendevano una tua reazione, almeno la mossa di spostare un bicchiere, ma il bradipo si era impossessato di te totalmente e oramai tutti lo stavano ammirando con attenzione spazientita. Il parrucchiere poi aveva deciso di tornare in possesso del suo ruolo di guida afferrando la bottiglia-intralcio e consegnandola nelle tue mani, senza dire una parola, per mantenere fede al suo proposito o per la consapevolezza che le parole sarebbero cadute nel vuoto.
Torta e spumante,
canzoncina e regalo,
bacetti e saluti, per quanto riguardava te, definitivi, anche se ADDIO non ti era sembrata la parola più discreta con cui accomiatarti. In queste occasioni non serve manifestare candidamente i propri sentimenti; è meglio defilarsi lasciando la sensazione di aver vissuto la migliore serata della tua esistenza e cominciare a preparare scuse diverse per non viverne altre.
L’aria
fresca ti investe come un flaconcino di gin-seng, la radice a forma
di uomo che non hai mai provato ma che ti stuzzica ogni volta che
passi di fronte agli scaffali per i fissati del biologico di ogni supermercato in
cui entri. Ma il gin-seng, a quanto pare, non può molto contro le amnesie
da parcheggio e tu ti guardi in giro un bel po’ prima di incamminarti verso destra, sperando che in quella direzione ti imbatterai presto nella tua macchina! Nell'ipotesi, tutt'altro che improbabile, che così non sarà, metterai in pratica la scena ormai rodata di raggiungere la vetrina del negozio che volevi proprio guardare con attenzione a notte fonda, rimanere lì impalato per una manciata di minuti, nel frattempo ripassando la solita coreografia di step, e poi, con gran classe, tornare sui tuoi passi e sperare di imbatterti nella macchina, che, evidentemente, avevi parcheggiato a sinistra! Ma no, stavolta ci avevi azzeccato, era a destra, ti sembrava di ricordare molti particolari.
Cinquanta metri.
Sì, il cassonetto rovesciato.
Cento metri.
"TENTAR NON NUOCE...STO CAZZO!!!", già, anche questa massima credevi di averla notata.
Duecento metri.
Mh, via delle zoccolette no, non l'avevi incrociata.
Cinquecento metri.
Urgono i preparativi per l'inversione di gran classe. Quella vetrina illuminata andrà benissimo.
Ultimi dieci passi e stop!
Una distesa di cessi e bidet ti si para davanti, sfavillante come se quegli oggetti fossero pensati per servire aperitivi e non per privati momenti di concentrazione. E, per completare il quadro, un assortimento perverso di copriwater in plexiglass fanno sfoggio di sé, con dentro ogni idea più malata, dal filo spinato all'effigie di Padre Pio che si illumina ad
intermittenza. Cinque minuti di raccoglimento possono bastare, viri a sinistra, alla volta della macchina che ti riporterà a casa, ma lasci un pezzo di cuore sulla tavoletta a metà fra il sacro e il profano! Ripassi davanti al locale dopo mezzora di passeggiata e cammini spedito verso la meta, ormai sicura. Altri dieci minuti di scarpinata e intravedi il muso color puffo della tua twingo. Ma certo, per traverso sul marciapiede, come hai
potuto dimenticare??
ERA
SOLAMENTE
IERI SERA
IO
PARLAVO CON GLI AMICI
SCHERZAVAMO
FRA DI NOI
e
tu E TU E TU,
TU
SEI ARRIVATO
M’HAI
GURADATO
E
ALLORA TUTTO È CAMBIATO PER ME,
MI
SEI SCOPPIATO DENTRO AL CUORE
ALL’IMPROVVISO,
ALL’IMPROVVISO
NON
SO PERCHÉ
NON
LO SO PERCHÉ
ALL’IMPROVVISO, ALL’IMPROVVISO
SARÀ
PERCHÉ MI HAI GUARDATO COME NESSUNO MI HA GUARDATO MAI
MI
SENTO VIV(A) ALL’MPROVVISO PER TE
Dalla
mattina eri posseduto da MINA in versione anni settanta, e il fatto
che proprio questa canzone ti fosse rimasta in testa ti sembrava
significativo. Sapevi che non sarebbe mai arrivato nessuno con il
potere di rivoltarti la vita con un solo sguardo ma a censurarti la
speranza non eri ancora arrivato.Tra l’altro non sapevi quanto
fosse pignolo il gran cerimoniere investito del compito di far
succedere le cose. Speravi tanto che il fatto di dover parlare con
gli amici, di scherzarci perfino, non fosse proprio necessario perché
altrimenti addio speranze. Se contava soltanto il fattore sorpresa,
allora tu quello ti impegnavi a garantirlo. Fin dalla mattina avevi
preso l’impegno con te stesso di cadere dalle nuvole davanti al
tipo che la sorte aveva scelto per te. Tu non c’avresti pensato
fino a che non fosse successo, tant’è che ogni volta che ti
ritrovavi a canticchiare il ritornello della canzone lo facevi
sottovoce per il timore che il gran cerimoniere si accorgesse che,
altro che effetto sorpresa, tu non aspettavi altro, non pensavi ad
altro. E invece niente entrata ad effetto durante la serata. Come
puoi non essere infastidito salendo in macchina e attaccando con il
ritornello non appena poggi le mani sul volante? Che colpo basso da
parte del subconscio, visto che ora la serata con gli amici ALTRUI
era passata e tutti i presupposti per farti scoppiare qualcuno dentro
al cuore erano sepolti insieme alla pizza fredda e i postpasti
ingurgitati.
Stare
in macchina è una gran perdita di tempo. Magari non hai niente da
fare ma dover sprecare il tempo sottratto all’ozio soltanto per
spostarti da una parte all’altra ti sembrava un’ingiustizia. Così
correvi. Non per il gusto della velocità, che non avevi mai provato,
ma per il terrore di beccare il semaforo che sta per diventare rosso.
Non odiavi nessuno quanto le signore con la messa in piega appena
fatta o i vecchi con il cappello fuso con la calotta cranica che sbucavano dalla
stradina laterale con un tempismo calcolato al millesimo di secondo.
Ti si mettevano davanti tagliandoti la strada con manovre che
legittimerebbero lo stralcio immediato della patente ma con una tranquillità così assoluta che passeresti tu
dalla parte del fuori legge intollerante se solo provassi a far loro
notare l’accaduto. Ti illudevi ogni volta che fosse normale che
andassero a due all’ora non appena sbucati da una curva e che di lì
a poco avrebbero cominciato a dare gas anche perché il semaforo
risplendeva di un verde smeraldo e non riuscivi ad immaginarti un
essere umano che non avrebbe preferito passare piuttosto che fermarsi
e aspettare. Ma dopo qualche decina di metri finisci sempre per
renderti conto che la loro andatura stentata non è temporanea ma è
proprio una dottrina, un modo di essere. Così ti spazientisci e
inizi a cercare il modo per schiodarti da quella gabbia. Fare i
conti con lo zig-zag del centenario o con il teleshopping della
signora non è facile, e intanto scatta l’arancione. Sai che ti
troverai presto fianco a fianco con il criminale e sai che tanto non
te la sentirai di rimbrottargli alcunché, e allora almeno ti prepari
uno sguardo tra il cattivo e il perfido sperando in una sensibilità
altrui che almeno gli consenta di coglierlo ed autoincenerire
all’incanto. E invece ad uno sputo dal semaforo ecco di nuovo il
sangue che sembra scorrere nelle arterie ormai sclerotizzate del
centenario o ridiscendere dalla capigliatura cotonatissima e laccata
della gran dama, un colpo all’acceleratore e via proprio mentre
scatta il rosso, fuggendo per chissà quali impegni e lasciando te
impalato ma in pole-position, additato da tutti per un modo un po’
scomposto di canticchiare.
E
intanto da lontano intravedi il verde. Lo devi passare. A quest’ora
della notte vorrebbe dire proprio che non c’è giustizia nei cieli
beccare qualcosa di simile alle due figure odiate poco sopra. Dalla
quarta alla quinta. Ce la fai, ce la fai. Anche
con l’arancione spinto hai deciso di passare. E l’arancione
scatta inesorabile un po’ prima del previsto. Stai per volare
dall’altra parte dell’incrocio ma una luce blu lampeggiante ti
induce alla prudenza. Non è produttivo lasciarsi fermare nei posti
di blocco dei carabinieri, si perderebbe molto più tempo che
aspettare il verde e ripartire con l’andatura stentata del
centenario, per passare inosservato o per suscitare un po’ di
compassione. È rosso e ti fermi.
E
TU E TU ETUUUU, TU SEI ARRIVAAAAAATO. Basta, ma cos’è? una specie
di droga. Le canzoni di Mina danno assuefazione, nei sei sicuro.
M’HAI GUARDATO, SCUSA, E
ALLORA, SCUSAMI, TUTTO È
CAMBIAAAAAAAATO PER ME, TOC TOC
, come toc toc?! SCUSA.
Semiparalizzato ti giri. Quel maledetto vizio di
cantare a voce alta ai semafori! Metti a fuoco, e…
MI
SEI SCOPPIATO DENTRO AL CUORE, ALL’IMPROVVISO, ALL’IMPROVVISO.
Ha
fatto tardi! Il prescelto ha fatto tardi, non ha fatto in tempo ad
arrivare mentre tu scherzavi con gli amici, avrà ricevuto tardi
l’ingaggio, si sa come vanno queste cose, dalla terra al cielo e
poi di nuovo alla terra, burocrazie celesti e burocrazie mortali,
chissà quanti fogli uso bollo saranno stati riempiti!! L’effetto
sorpresa! La cosa più importante è l’effetto sorpresa. Tu non te
l’aspettavi, devi cadere dalle nuvole – in effetti ci cadi
proprio, perché non avevi pensato all’arrivo tardivo. Anche una
qualche esitazione non guasterebbe. È L’UOMO PER ME, SICURO DI SÉ.
Non riesci ancora a crederci. Non può capitare tutto questo, è
illogico e bellissimo. L’occhio celeste di lui ti ha catturato
subito, e ti pare di scorgere una profondità d’animo fuori dal
comune. Non è uno strafigo ma che importa? non ti sembra il momento
di sottilizzare, e poi la spalla ti sembra sufficientemente
pronunciata, ben riempita, e rifiuti il possibile uso delle spalline
(se usasse le spalline proprio non lo potresti sopportare anche se
fosse stato mandato giù per espresso dal Principale). Curato
nell’aspetto e nell’anima, non è meraviglioso??? In realtà la
camicia che indossa non è nulla di immediatamente riconoscibile, ma
è comunque sobria ed allacciata fino al penultimo bottone, niente
capezze con crocifissi o targhette con il gruppo sanguigno. A meno
che non indossi le ESPADRILLAS con calzino di spugna bianco cadente
sulla caviglia, non vedi motivo di preoccuparti. Lentamente abbassi
il finestrino. Cerchi di modulare lo sguardo donandoti un’aria di
stupore condito con un sorriso appena abbozzato e conquistatore,
spingendo giù il senso di autoironia feroce che ride sguaiatamente
dentro di te ogni volta che ti avventuri a manifestare questi
sentimenti senza usare le parole, e ti prepari ad ascoltare la frase
che il destino ha scelto per regalarti l’uomo della tua vita.
Non
potevi chiedere di meglio.
CIAO
rispondi tu. Che bello, come se ti conoscesse da una vita, come se ti
avesse ritrovato dopo tanto tempo, con una dolcezza in quel ciao che
solo un animo sensibile è in grado di esprimere.
HAI
IL CAPPOTTO CHIUSO NELLA PORTIERA!!
Scatta
il verde. Se ne va. Lasciandoti sempre in pole position ma
frastornato dal rumore di quella frase. Ti tocca anche sorbirti lo
sguardo fra il cattivo e il perfido che un centenario materializzato
dal nulla, con il cappello ben calzato anche a quell’ora ti
ficca negli occhi, tacitamente rimproverandoti per la tua sosta
prolungata davanti al verde del semaforo. Non ti sei smosso neanche
al suono del suo clacson e lui ha dovuto fare marcia indietro e
circumnavigarti come se si fosse trovato improvvisamente davanti una
voragine creata da un meteorite caduto dallo spazio. Tu non trovi la
forza neanche di autoincenerirti allo sguardo del vecchietto. Sai che
glielo devi ma proprio non riesci, e lasci che lui se ne torni a casa
e si corichi insieme alla moglie e al cappello, non trovando gli
stimoli per fare alcunché. Forse te ne starai tutta la notte a
vedere il rosso e il verde del semaforo darsi il cambio fino a quando
l’arancione lampeggiante non si decida a mandarli a dormire.Vedere
che anche il centenario ha un lembo del cappotto che gli fa da coda,
non fa che accrescere il tuo sconforto.
Giri
a destra. Niente casa per adesso. Tanto non c’è nessuno ad
aspettarti. Gironzolare un po’ senza meta non ti farà male,
sicuramente ti aiuterà a riprenderti dall’amore appena non
sbocciato. E poi non piove. La scarpa scamosciata non correrà
pericoli neanche se deciderai di parcheggiare e passeggiare un po’.
Trastevere ti sembra un bel posto, con tutta quella gente da
osservare, e il fatto di startene da solo non ti preoccupa più di
tanto; spesso ti capita ultimamente di girovagare in solitudine e
magari sederti su una panchina a non fare niente, a seguire, neanche
troppo, i tuoi pensieri. Ma questo deve ingenerare una qualche forma
di compassione in chi ti guarda.
Una mattina, per i vialetti di Villa
Borghese, sei stato apostrofato da un signore che avrebbe
voluto la tua compagnia, sa il cielo in quale senso, e si preoccupava
che rimanessi da solo seduto in panchina. NON HAI PAURA CHE QUALCUNO
PASSI E TI SI PORTI VIA? Avrà avuto una sessantina d’anni, era in
bicicletta e si è seduto esattamente sulla panchina che avevi scelto
da lontano come meta di ristoro dopo un’ora di cammino per i
sentieri della Villa. Disobbedendo alla tua naturale spinta
misantropica, hai deciso di
sederti sulla panchina accanto a quella del biciclettaro. Una volta
seduto, guardando sempre, rigorosamente, il laghetto che avevi di
fronte, vedevi comunque con la coda dell’occhio che lo sguardo del
signore volentieri si fissava su di te. Speravi soltanto che i suoi
ormoni avessero perso la vitalità di un tempo. E invece ti chiede
l’ora, lamentando che il suo orologio iniziava a perdere colpi. I
metodi classici, non c’è che dire, vanno sempre di moda. Risposta
secca ma niente da fare. Si alza dopo un po’ facendo per andarsene
ma, guarda caso, passa davanti alla tua panchina e attacca con: TUTTO
BENE? Dentro di te gustavi lo spettacolo ma eri attentissimo a non
lasciar trasparire nulla, nulla che avrebbe potuto magari essere
frainteso come una voglia di comunella. Sei stato un po’
scortese, hai tagliato corto, ma lui è parso non accorgersene,
continuando a ridere alle battute che lui stesso faceva e che farciva
con embrioni di inviti a pranzo e di proposte di visite guidate per
la città. Tra una frase e l’altra ti ha anche detto che pensava
fossi americano!!! Un messaggino sul tuo cellulare ha
provvidenzialmente troncato ogni velleità dell’omino, che
inforcando la bicicletta, è partito per chissà quali altre
avventure. Speravi solo un po’ più fortunate!!
L’idea di combattere con i biciclettari trasteverini by night non ti
entusiasma, ma sei pronto a correre il rischio, sei deciso a non dare
confidenza a nessuno, a non rivolgere parola ad alcuno, a declassare
tutti a comparse di quel momento di riflessione, nessun protagonista
a parte te. E infatti dopo cinque minuti ti passa davanti Federico
con la sua schiera festante e sebbene tu riesca ad assumere un colore
invidiabilmente vicino al marmo della scalinata che avevi eletto tua
tribuna, non basta questo a non farti spiccare unico solitario in
mezzo a greggi di persone in transumanza. Lui e gli amici del mare,
una persecuzione! Questi almeno li conoscevi di vista ma ogni volta
che per caso le tue e le loro strade si incrociavano era passato quel
tanto di tempo che non legittima l’oblio ma che giustifica il
tentennamento nel saluto. Bacetto come grandi amici o stretta di mano
come nuovi acquisti? E via con la stretta di mano a pugno chiuso che
fa molto americano e che è una perfetta via di mezzo fra le due
soluzioni, come a dire, non ricorderò mai il tuo nome ma a questo
mondo siamo tutti fratelli, hey man!
La
spietata transumanza ti ingloba senza lasciarti possibilità di
scegliere e così ti ritrovi a fare discorsi leggeri sulla tua vita e
sulle tue prospettive, come se l’una e le altre veramente lo
fossero. Le ragazze, come al solito, ti aiutano a prender confidenza
e a tirar fuori qualche stupidaggine che faccia breccia anche nel
cuore dei maschi, razza così dura e classista. Forse è più vero
dire che le ragazze, come al solito, ti aiutano a superare la tua
visione del maschio come duro e classista, presunzione che il più
delle volte si rivela priva di fondamento, confermando te stesso molto
più duro e classista dei maschi che incontri. Nel cuore di uno in
particolare non ti dispiacerebbe far colpo. Sembra buono ma non
vitello, riservato con qualcosa dentro e non riservato per celare il
vuoto dentro, come spesso succede. Sembra gentile. Solo che non c’è
verso di scambiarci due parole in fila, perché Federico a cadenze
regolari piomba sui di voi da una qualsiasi altra discussione idiota
e si affatica a buttar lì brandelli di argomenti comuni, nobilissimo
gesto, riducendo a brandelli gli argomenti comuni che faticosamente
vi ingegnate a tirar fuori dopo le sue incursioni. Ma come si fa a
rimproverarlo? Certo alcune sue manifestazioni sono difficili da
recuperare. LO SAI CHE SUO PADRE HA UN ORTICELLO DOVE COLTIVA UN PO’
TUTTO? Si ferma un secondo e poi, TUTTO TRANNE I CETRIOLI! questo
confida al vitello, che per tutta risposta se la ride. Ora, a parte
la fatica di stare dietro al doppio processo mentale che porta
Federico prima a pensare e poi a dire certe cose, ti riesce
impossibile credere che lui lo faccia con un secondo fine, o
accorgendosi del quadruplo senso della frase che gli esce dalla
bocca. E questo ti sembra il lato peggiore perché sai che con lo
stesso candore potrebbe tirar fuori qualsiasi altro simbolo fallico
mentre tu stai beatamente parlando di come sei stato contento di
passare il capodanno nel deserto a brindare con scorpioni e vipere
cornute. E mentre ti inoltri in un trattato sulla difficoltà di
coltivare cetrioli, con una sicumera totalmente priva di fondamento
ma che da sola basta ad uscire dal discorso senza troppe ferite, la
transumanza volge al termine, è giunto il tempo di rientrare nel
recinto e mentre il vitello finisce di avvoltolarsi nella ragnatela
da te tessuta fra un raid e l’altro di Federico e accetta di farsi
riaccompagnare a casa da te, che, guarda un po’, gli abiti vicino, ecco l’ultima intrusione del kamikaze , che purtroppo ti
abita realmente vicino. Prenota anche lui un posto in macchina, che
non puoi negare senza esser costretto a stendere i tuoi sentimenti
per strada come i panni delle signore trasteverine e, maledicendoti
per non aver comprato una SMART o un SIDE-CAR o un CALESSE o
qualsiasi altro mezzo di trasporto omologato per due, ti avvii verso
la macchina, tu, il vitello, e Federico sproloquiante nel mezzo. In
macchina ha almeno la decenza di mettersi dietro, continuando però
a lanciarti dal retrovisore occhiate d’intesa e muti suggerimenti
su nuovi temi da toccare. E ride.
Sta
bene Federico, e dire che lo conosci da quindici anni. Il sorriso
così aperto ti è sempre piaciuto molto, ti ha sempre dato un senso
di tranquilla serenità. Lo stesso sorriso che ha preso il posto di
tutte le parole quando vi siete accorti che ognuno voleva essere il
“miglior amico” di quello della terza D, brufoloso e con i
capelli leccati, con il fascino di una canna di bambù. Ogni tanto
succede che all’improvviso si accendono tutte le lampadine che fino
ad allora si erano sempre accese ad intermittenza. Succede che allora
tutto fila, e si prova un gran senso di appagamento solo un po’
appannato dal disappunto per esser arrivati così tardi a capire
quello che da sempre era lì, sotto agli occhi. Non vi eravate
inoltrati in discorsi di rito, anche perché a quell’età è già
tanto capire di avere un’attrazione definita verso qualcosa. Solo
avevate raggiunto la consapevolezza di un’intima comprensione, di
una nota comune che suonava in sottofondo ogni volta che passavate
del tempo insieme. E quella nota la senti anche mentre al volante
parli di tuberi al vitello che è rimasto abbagliato dalla storia del
babbo agricoltore. Oramai neanche pensi più alle promesse di MINA.
Niente più entrate ad effetto anche perché non capisci da dove il
predestinato potrebbe arrivare, escludendo che ti si affianchi
correndo o ti si lanci sul cofano a volo d’angelo piovendo da
chissà quale albero. In più, abitando Federico a duecento metri da
casa tua, è altrettanto scontato che la prima tappa sarà la casa
del vitello, da cui quindi sollevi ogni mira colonizzatrice. E senza
il colpo di scena che invece a questo punto era previsto, ti fermi e
scarichi il bel tenebroso che magari incontrerai di nuovo quando
avrai perso completamente la confidenza acquistata nonostante
Federico, e dovrai ricominciare con la stretta di mano americana,
riservandoti però la sfrontataggine di sdoganare il bacetto.
Passare
un po’ di tempo a cazzeggio libero con Federico è la cosa più
indicata dopo gli eventi della seratina e visto che arrivati sotto
casa sua non hai neanche finito di descrivergli le preziose camicie
che vanno di moda fra i parrucchieri, decidi di salire da lui,
chiaramente senza che l’invito venga formulato. Quindici anni
abbatterebbero le cerimonie anche fra te e Carol.
Forse
è una caratteristica dei legami che iniziano quando ancora non si è
capito niente di come funzionano le cose; quel periodo che, per i
ragazzi più che per l’altra metà del cielo, si riconosce anche
per le metamorfosi fisiche che sbocciano impietose, a cominciare
dalla voce che ti tradisce ogni volta sul più bello, mentre sei nel
mezzo di un’interrogazione o della recita scolastica. Tu sei lì
che ti compiaci per il nuovo tono VIRILE che ormoni impazziti ti
hanno donato da un giorno all’altro ed ecco che ti avventuri in una
frase che esige un’ottava più alta e ti ritrovi a starnazzare come
una gallina durante il travaglio. Quel periodo in cui il naso cresce
sconsideratamente regalandoti un’aria da barbagianni orfano, e,
come il naso, soltanto la parte corrispondente nel cervello cresce
nella stessa misura, e ti dà sprazzi di intuizioni che è difficile
gestire. Senti che ci dev’essere qualcosa da capire ma che ancora
ti mancano un sacco di pezzi e nessuno ti dice dove andarli a
cercare. In quel periodo forse tutto è più istinto, e profumi e
sensazioni lasciano dei segni diversi da quanto succede in seguito.
Magari si ha soltanto il vantaggio dell’inesperienza per cui è più
facile stupirsi, è più facile che si provino emozioni mai provate,
banale quanto vero. E, crescendo, mentre i ricordi sbrilluccicano ma
rimangono nel loro posticino nella testa, fermi e pronti a saltare
fuori per una fragranza che si fiuta nelle circostanze più strane, i
rapporti che nascono in quel periodo si portano dentro quello
sbrilluccichìo ma insieme cambiano e a crescono e sono più
materiali degli altri, più sanguigni, nei momenti belli e in quelli
brutti, nella buona e nella cattiva sorte, eccetera, eccetera. Quante
volte avresti voluto saltare sopra la testa di Federico tenendo in
mano due valigie piene di involtini primavera o qualcosa di ancora
più pensante, e hai dovuto mandare giù a fatica il comando
perentorio che il cervello ti urlava dentro facendo appello a quella
foto che gli hai scattato mentre usciva dal bagno e non sapeva di
essere immortalato, perché niente come l’espressione dei suoi
occhi ti disarmava tanto, così privo di infrastrutture, di corazze e
così indifeso. E però non riuscivi ad immaginare un’altra persona
in grado di sostenere le tue confidenze, tutte quante, anche il fatto
che per pisciare hai bisogno di tenere la mano sinistra ben piantata
sulla piastrella a destra del pulsantino per tirare l’acqua perché
solo così riesci a concentrarti.
Quante
cose strane ti passano per la testa. Sei minimamente concentrato sul
racconto degli eventi, per quelli hai messo l’automnatico. Tutte le
tue attenzioni sono rivolte a pensieri sul rapporto stranavigato con
Federico. Non c’è niente di nuovo. Avrai vissuto la stessa
situazione milioni di volte in quindici anni. Delle chiacchierate
senza senso hai perso il conto parecchio tempo fa e allora com’è
che adesso il suo profumo ti sorprende come se non l’avessi mai
sentito? Com’è che fai di tutto per vederlo sorridere? E com’è
che il fatto che lui ti stia a tre centimetri dal viso non ti sembra
così naturale come lo è stato sempre, così innocente come lo è
stato sempre? SAI QUANDO DEVI IMPROVVISAMENTE CAMBIARE ROTTA E
L’UNICA COSA CHE TI RITROVI DAVANTI È UNA VETRINA DI SANITARI …
gli piacerà di più la tavoletta col filo spinato o quella con Padre
Pio luminescente? CON AL CENTRO PADRE PIO CON TUTTE LE LUCETTE ROSSE
CHE SI SPENGONO E S’ACCENDONO PERFETTAMENTE SINCRONIZZATE CON …
colpito, mentre ride piega la testa e con la fronte ti tocca la
spalla, e sbarri gli occhi vedendo che la tua mano, in pieno
ammutinamento, gli sta accarezzando la nuca. E INVECE TE LA VEDO LÌ
IN MEZZO AL MARCIAPIEDE … gli avevi mai accarezzato la nuca?
Chiaramente escludendo quella volta in cui per sbaglio gli avevi
scaraventato contro una pallina da tennis a cento chilometri all’ora
con uno di quegli attrezzi infernali che dovrebbero insegnarti a
rispondere ai servizi e che sputano qualsiasi cosa tu metta nel
caricatore. Non potevi immaginare che lui volesse fare una pausa e
quando lo hai visto girarsi proprio mentre la pallina veniva
scagliata non hai avuto neanche il tempo di urlagli ATTENTO, e magari
è stato meglio così perché se si fosse girato la pallina gli
avrebbe sicuramente scavato il terzo occhio in mezzo alla fronte. In
quell’occasione, oltre a profonderti in inutili scuse eri accorso a
saggiare l’entità del danno passandogli la mano fra i capelli e
avvertendo un gonfiore che aumentava in modo incontrollabile di
secondo in secondo. Ghiaccio e bacetti come si faceva da bambini. Il
primo per curare il corpo, i secondi per curare l’anima, così ti
aveva insegnato la mamma. …INVECE NON MI DICE CHE AVEVO IL CAPPOTTO
CHIUSO NELLO SPORTELLO? E intanto lui ti guarda. E sorride. E ti
bacia.
UN
BACIO È TROPPO POCO PER SAPERE SE TI AMO
VORREI
PROVARE ANCORA PERCHÉ CREDO DI CAPIRE
CHE
MI PIACI CHE MI PIACI
TI
PREGO DI BACIARMI UN’ALTRA VOLTA
MAGARI
CON UN POCO
UN
POCO PIÙ DI AMORE
E
COSI VERRÀ VERRÀ VERRÀ
L’AMORE
L’AAAMORE
L’AMORE
QUELLO VERO PER NOI DUE
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